Fosfito di potassio in agricoltura biologica – uso, vantaggi e normative

Forse hai già sentito parlare dell’utilizzo di fosfito di potassio per migliorare la resa delle coltivazioni. Che cos’è? È possibile utilizzare il fosfito di potassio in agricoltura biologica? Quali sono i vantaggi? E quali sono i suoi limiti d’impiego? Vediamolo insieme!

Cos’è il fosfito di potassio?

Prima di chiarire cos’è il fosfito di potassio, dobbiamo porci una domanda più generica: i fosfiti cosa sono? I fosfiti, o fosfonati, sono composti biostimolanti per le coltivazioni agrarie.

I fosfiti di potassio appartengono a questa categoria. Sono utilizzati in agricoltura come fonte di fosforo e potassio, utili alla crescita delle piante. Il loro ruolo secondario è quello di difendere la pianta dall’attacco di funghi ed atri microrganismi patogeni.

Per questo motivo il fosfato di potassio è considerato un fitofarmaco.

La chimica dei fosfiti

In dettaglio, i fosfiti sono sali dell’acido fosforoso, o dell’acido fosfonico (H3PO3). Il sale si forma dall’unione di un acido con una base. Il fosfito di potassio (KH2PO3, o K2HPO3) è quindi formato dalla reazione tra uno dei due acidi fosforoso o fosfonico, con una base forte contenente potassio: l’idrossido di potassio (KOH).

Acido fosforoso e fosfonico sono tautomeri composti dalla stessa formula chimica H3PO3. Non vanno confusi con l’acido fosforico (la cui formula chimica è H3PO4).

Perché si utilizza il fosfito di potassio?

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Per la protezione delle piante coltivate vengono regolarmente utilizzati fertilizzanti ed erbicidi. Questi sono richiesti in misura sempre maggiore, con conseguente aumento dei costi di produzione e grosso impatto ambientale. Soprattutto per quanto riguarda l’inquinamento del suolo e delle acque.

Il fosfito di potassio si presenta come una valida alterativa, meno invasiva. Con una sola molecola si può avere una protezione completa per la pianta.  Il fosfito di potassio è infatti utilizzato come fertilizzante, erbicida, biostimolante e biocida nell’agricoltura moderna.

Come agisce il fosfito di potassio?

Il fosfito di potassio è un fungicida sistemico ad ampio spettro. Esercita la sua azione contro i microrganismi patogeni per le coltivazioni vegetali (fitopatogeni). In questo modo previene l’insorgenza di malattie, come la peronospora, una tipica malattia della vite causata da Plasmopara viticola (Classe degli Oomiceti).

Una volta somministrato alla pianta, il fosfito di potassio penetra nei tessuti vegetali e si diffonde rapidamente lungo tutto il corpo della pianta. Questo permette di proteggere da attacchi fungini sia le radici che i frutti in formazione.

I vantaggi dell’utilizzo di fosfito di potassio per le piante

Il fosfito di potassio è da tempo utilizzato in agricoltura per la difesa di agrumi, alberi da frutto (melo, pero, vite), ortaggi (spinacio, carciofo, pomodoro, patata), tabacco, ma anche colture ornamentali.

I vantaggi dell’utilizzo in agricoltura dei fosfiti di potassio, o fosfonati, non si limitano alla difesa della pianta. Il fosfato di potassio apporta infatti numerosi benefici alle coltivazioni:

  • Ha azione fertilizzante

Fornisce un apporto nutrizionale di potassio per la pianta. La carenza di potassio può portare a cambiamenti nel metabolismo, modificando la normale crescita delle piante. Questo avviene in particolare negli agrumi. Alcuni studi hanno infatti dimostrato che piante carenti di potassio, hanno recuperato il normale ritmo di crescita in seguito all’applicazione di fosfiti di potassio.

  • Migliora la resa e le dimensioni dei frutti

Fosforo e potassio sono due elementi necessari allo sviluppo della piante e in particolare dei frutti. Le dimensioni della drupa, la parte carnosa del frutto che noi consumiamo, è fortemente influenzata dalla disponibilità di questi elementi. Il fosfito di potassio li contiene entrambi!

  • Intensifica il colore dei fiori

Questo perché la presenza di potassio facilita l’accumulo di antociani nei tessuti vegetali. Queste molecole sono responsabili del colore dei petali.

  • È un biostimolante

Il fosfito di potassio incrementa la produzione di clorofilla, è utile per rafforzare la parete cellulare e proteggere la pianta dall’azione dei raggi UV-B.

  • Modula la crescita di erbacce

I fosfonati, in particolare i fosfiti di potassio, riducono la crescita di erbe infestanti.

  • Difende contro la Plasmopara della vite e altre malattie fungine

Come descritto in precedenza, i fosfiti di potassio hanno azione fungicida. Inoltre, alcuni studi hanno dimostrato che la somministrazione di fosfonati aumenta le difese proprie della pianta, che inizia a produrre maggiori quantitativi di composti antimicrobici (fitoalexina e chitinasi).

Qual’è la differenza tra fitosanitari e concimi?

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Per garantire la tutela sia del consumatore che dell’agricoltore, la normativa europea prevede la registrazione come prodotto fitosanitario per tutte quelle sostanze che hanno azione fungicida.

Nel prodotto fitosanitario viene dichiarata la concentrazione della sostanza attiva. Il prodotto registrato è garanzia di qualità, efficacia e sicurezza.

Alcuni concimi possono contenere fosfonati ed essere quindi fonte di fosfiti di potassio. Tuttavia, la loro concentrazione non ha l’obbligo di essere indicata.

Il fosfiti presenti nei concimi hanno azione fungicida, ma non vengono incorporati facilmente nelle cellule vegetali. Sono infatti assorbiti dalla pianta come ioni fosfito (H2PO3), che non viene coinvolto nel metabolismo del fosforo. Ecco perché sono esenti dall’obbligo di dichiararne le concentrazioni.

I fosfonati introdotti nelle coltivazioni tramite i concimi possono però persistere a lungo nel terreno, come residui. Pertanto, possiamo trovare fosfito di potassio nei prodotti ortofrutticoli che giungono sulle nostre tavole.

È possibile utilizzare il fosfito di potassio in agricoltura biologica?

Dopo tutta questa carrellata di nozioni sui fosfiti, ti sarai chiesto se sia possibile utilizzare il fosfito di potassio in agricoltura biologica. La risposta è “no”.

Non è possibile utilizzare il fosfito di potassio, così come il fosetil alluminio in agricoltura biologica. Sono infatti vietati quei fertilizzanti a base di fosfiti, o fosetil alluminio per la vite, la patata, il pomodoro, o altre coltivazioni che vogliano definirsi biologiche.

Normative: fosfito di potassio e fitofarmaci

Il fosfito di potassio è una sostanza bioattiva ammessa in agricoltura dal Regolamento CE 1107/2009, tuttavia non è permesso il suo utilizzo in agricoltura biologica.

Inizialmente, in Italia era stato stabilito che la rilevazione dei fosfiti di potassio in agricoltura biologica (in assenza di acido etilfosfonico) era da considerare un falso positivo. Si pensava cioè che derivasse da una produzione endogena (autoproduzione) delle piante.

Il parere scientifico del CREA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’Economia agraria) ha in seguito evidenziato che i fosfiti non vengono prodotti naturalmente dalle piante. Il concetto di falso positivo è stato quindi annullato: quello che si trova sui prodotti biologici deriva da contaminazione esterna e non da autoproduzione!

Il Decreto Ministeriale (DM) n° 309/2011 sulle “contaminazioni accidentali e tecnicamente inevitabili di prodotti fitosanitari in agricoltura biologica” è stato quindi modificato.

Il 9 settembre 2020 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea un nuovo documento, il DM n° 7264/2020, recante il limite inferiore per la certificazione biologica. Questo limite è inteso come la “soglia numerica” al di sopra della quale il lotto di prodotto risulta contaminato e non può essere quindi commercializzato con la certificazione biologica.

I valori limite di fosfonati per le derrate alimentari sono quindi così fissati:

Per permettere agli agricoltori di adeguarsi alla nuova normativa è stata stabilita una deroga, o periodo transitorio, fino al 31 dicembre 2022. Entro tale data sono quindi ammessi valori superiori, come di seguito:

Qualora i valori fossero > 0,05 mg/kg è richiesto l’accertamento da parte degli organismi di controllo (OdC) sulla causa di contaminazione: nei mezzi tecnici, nel terreno, etc.

Il fosfito in natura

Fosfito di potassio e sicurezza alimentare

La qualità e la sicurezza degli alimenti sono fondamentali in agricoltura biologica. L’ingestione di grandi quantità di fosfito di potassio può recare danno alla salute dei consumatori, alterando l’equilibrio del potassio e irritando l’intestino.

Ecco perché i residui di fosfiti sulle derrate alimentari provenienti da agricoltura biologica devono essere approssimabili a zero.

Il residuo di fosfiti di potassio nei prodotti ortofrutticoli è un problema rilevante per il mercato europeo. L’acido fosfonico può infatti persistere per anni nel suolo o nelle piante, specialmente in quelle arboree (anche oltre 5 anni).

L’agricoltura biologica guarda al processo produttivo, non al prodotto finito. Pertanto, i prodotti ortofrutticoli coltivati su campi precedentemente contaminati da fosfiti non possono essere considerati biologici. Nonostante perseguano i principi dell’agricoltura biologica si vedono quindi respingere la certificazione.

Che cos’è il progetto BIOFOSF?

Il progetto BIOFOSF, affidato al Crea nel 2015 (dall’Ufficio PQAI I – Agricoltura Biologica del Mipaaf), ha l’obiettivo di definire una strategia utile per la risoluzione dell’emergenza dei fosfiti nei prodotti ortofrutticoli biologici.

Il Progetto BIOFOSF ha coinvolto l’associazione dei produttori biologici FEDERBIO e altre aziende attive nella produzione biologica (BRIO, ApoFruit, Bio Topic, etc).

Lo studio del CREA ha messo in evidenza la reale origine dei fosfiti nelle coltivazioni biologiche.

Il Crea si è basato su prove sperimentali condotte su alcune colture: patata, uva da tavola, rucola, pomodoro, kiwi e pere. Ha così verificato che l’acido fosfonico non viene prodotto spontaneamente dalla pianta: se presente deve essere stato introdotto mediante fertilizzanti, concimi, o mezzi tecnici contaminati da fosfiti.

Tra gli obiettivi del progetto BIOFOSF vi era quello di studiare l’effetto a lungo termine dei residui di fosfiti di potassio nel suolo e nei tessuti vegetali, compreso il frutto. È risultato che le colture arboree sono più coinvolte nella produzione e nell’accumulo di fosfiti. Il meccanismo con cui vengono degradati è però ancora oggetto di studio.

Un altro problema evidenziato dal progetto BIOFOSF è la contaminazioni delle colture causata da mezzi tecnici. I concimi fosfatici, i fertilizzanti e i composti a base di alghe sono quelli maggiormente coinvolti per la contaminazione da fosfiti. 

Tra gli adiuvanti enologici il fosfato diammonico (DAP) e i lieviti sono tra i principali mezzi tecnici contenenti fosfito. Essi vanno ad aumentare la concentrazione di fosfiti nel suolo e nei tessuti vegetali.

Il frutto (organo sink) è il principale accumulatore di fosfiti. A seconda del livello di contaminazione di partenza, alla pianta occorrono dai 3 ai 5 anni per decontaminarsi (ossia arrivare al limite massimo di 0,01 mg/kg fissato per legge) e poter concorrere nuovamente per la certificazione biologica.


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